Borgo Pinti è una delle principali vie sull'asse nord-sud del centro storico di Firenze. La strada corre da via Sant'Egidio al piazzale Donatello. Lungo il tracciato si innestano: via di Mezzo, via Nuova de' Caccini, via degli Alfani, via dei Pilastri (dove sono rispettivamente il canto di Monteloro e il canto di Candeli), via della Colonna, via Laura, via Giuseppe Giusti.

Storia

Il nome "borgo" testimonia come la strada fosse al di fuori di una porta nell'antica cerchia delle mura cittadine, infatti si dipartiva dalla postierla detta "degli Antelminelli" (oggi sopravvissuta come arco di San Pierino) e vi si allineavano le case degli ultimi arrivati in città. Quando fu inglobata nell'ultima cerchia vi venne aperta in fondo la non più esistente Porta a Pinti, dalla quale si dipartiva la strada per Fiesole.

Si hanno notizie frammentarie di questa strada fino al 1100, quando si chiamava Borgo Fulceraco. Da cosa derivi il nome "Pinti" è controverso: alcuni suppongono che si tratti di un'antica famiglia, altri che sia una contrazione di pentiti, dal Monastero delle Donne di Penitenza dette le Repentite, noto fin dai tempi di Dante (che con Forese Donati parla del "riparare" nello "Spedale a Pinti", Rime LXXVI) e situato alll'inizio della strada, poco oltre la porta di San Pierino. Secondo altri poi sarebbe dovuto alla presenza dei frati Ingesuati nella vicina chiesa di San Giusto alle mura e alla loro attività di "pintori" di vetrate.

Dal Quattrocento il Comune fiorentino incentivò i proprietari di fondi su questa strada, allora ancora in larga parte agricola ed ecclesiastica, a lottizzarli e a cederli a privati, infatti la maggior parte degli edifici che oggi vi si affacciano ebbero origine in quel periodo. Tra gli antichi e meravigliosi giardini sono da ricordare il giardino dei Gesuiti (inglobato in quello di palazzo Ximenes e poi tagliato per aprire l'ultimo tratto di via Giusti), il giardino della Gherardesca, il giardino Salviati e il giardino Caccini

Descrizione

Sulla via, dopo lo stretto tratto pedonale vicino allo sbocco piazza Salvemini, si allineano numerosi palazzi signorili. Prima dell'angolo con via dei Pilastri una lapide ricorda l'antico ingresso della chiesa di Santa Maria a Candeli, spostato su via dei Pilastri nel 1703 da Giovan Battista Foggini. Questo canto ha doppio nome: verso via dei Pilastri "canto di Candeli" (dall'ex-monastero) e verso via degli Alfani "canto di Montiloro" (dal tabernacolo di Montiloro).

Oltre il monastero di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, all'angolo con via della Colonna un grande stemma dei Barberini ricorda la sistemazione del monastero promossa da papa Urbano VIII. A fianco vi si trova una lapide degli Otto di Balia che vietava pena severi provvedimenti strepiti e chiasso per cento braccia attorno al monastero.

Poco avanti si apre il piccolo giardino del Borgo, l'ultimo dei numerosi giardini di borgo Pinti ad essere ancora aperto al pubblico.

La parte finale della strada ha un carattere di nuovo monumentale con alcuni grandi palazzi.

Edifici

Lapidi

La strada, un tempo una delle direttrici più importanti del centro storico, è ricchissima di lapidi.

Vicino all'incrocio di via Alfani/via dei Pilastri si trova una prima targa dei Signori Otto, pressoché illeggibile ma nota da trascrizioni:

In angolo con via dei Pilastri una memoria del restauro della chiesa di Santa Maria di Candeli da parte della famiglia Corsi:

La traduzione è: "Questi stemmi della propria famiglia, quasi consumati dalla vetustà, i Corsi restaurarono nell'anno 1592".

Nel tratto seguente, vicino alla chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, ben tre targhe legate al monastero (una quarta è su via della Colonna). La prima ricorda la visita a Firenze di santa Teresa di Lisieux:

La seconda è quella dedicata a Urbano VIII:

La traduzione è: «A Urbano VIII, Sommo Pontefice, che trasferì questo monastero da un luogo più angusto a una forma più ampia e a un culto più decoroso, restaurandolo a proprie spese; e a Carlo Barberini, duca di Erette, suo fratello germano, e a Francesco cardinale vicecancelliere di Santa Romana Chiesa, e a Taddeo, prefetto della città, figlio di Carlo, nipote di Urbano, che, seguendo l'esempio di tale pietà, arricchirono lo stesso monastero con molte provvidenze e benefici, questo eterno monumento di grata memoria posero le vergini consacrate».

La terza è dei Signori Otto, scarsamente leggibile ma notra da trascrizioni:

Sul tabernacolo davanti a via Laura si legge:

Sul monastero di San Silvestro:

La traduzione è: «A Dio Ottimo Massimo. Questo monastero, dedicato a San Silvestro per le nobili vergini fiorentine, fu eretto dalle fondamenta e dotato da Francesco Minerbetti, figlio del cavaliere Tommaso, arcivescovo di Sassari, vescovo di Arezzo, arciprete di Firenze, e prelato domestico dei lor Santità Leone X e Clemente VII, nell’anno del Signore 1539. Affinché la memoria dell’opera non perisca, Ruggero Minerbetti, figlio di Orazio, senatore, canonico fiorentino, e anche priore urbano dell'Sacro Ordine Militare di Santo Stefano, insieme a Orazio, cavaliere del medesimo Ordine Sacro, nipote per parte del fratello Enrico, senatore, discendenti diretti dal fondatore, provvidero a far porre questo monumento nell’anno del Signore 1716».

Al 75, all'interno, una lapide ricorda le case dove nacque il papa Clemente VII:

Poco distante, al 66, un'altra targa dei Signori Otto (BA sta per "braccia", P per "per"):

Sul lato opposto il ricordo di Lorenzo Bartolini, voluto non tanto dal Comune ma dai suoi allievi:

Un'altra targa è sul palazzo della Gherardesca:

L'ultima si trova sulla casa di Luigi Sabatelli:

Tabernacoli

Si incontrava un primo tabernacolo in angolo con la via di Mezzo, oggi andato perduto: già decorato da un busto in terracotta aveva una grande cornice in pietra, smantellata in epoca imprecisata.

In prossimità del numero civico 78r (in corrispondenza dello sbocco di via Laura) è un tabernacolo composto attingendo al repertorio delle robbiane, racchiudente una Madonna di stile quattrocentesco ma di fattura del primo Novecento, come chiarisce l'iscrizione sottostante che riconduce fattura e donazione a un certo Cesare Corsi senese, datando il tutto al 1905. Il tabernacolo è in effetti un costante richiamo alla città di Siena, direttamente evocata nel timpano dal suo stemma, la balzana, e quindi dalla stessa iconografia della Vergine che, per quanto riletta in chiave neorinascimentale, è una trasposizione in bassorilievo del dipinto noto come Madonna del Voto, opera attribuita a Dietisalvi di Speme della seconda metà del Duecento, conservata nel sacello omonimo della cattedrale senese.

Un tabernacolo si trova anche negli orti dell'Istituto San Silvestro.

In fondo si incontra un tabernacolo con la Crocifissione anche in angolo con piazzale Donatello, sulla cantonata della casa famiglia Santa Lucia. Un altro è in angolo con via di Mezzo, decorato da un busto in terracotta.

Note

Bibliografia

  • Guido Carocci, Canto di Monteloro o di Candeli, in "L'Illustratore fiorentino", Calendario Storico anno 1910, VII, 1909, pp. 43-44.
  • Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, Tipografia Barbèra, 1913, p. 110, n. 780;
  • Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, 1929, p. 93, n. 855;
  • Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978, III, 1978, pp. 114-123;
  • Roberto Ciabani, I Canti: Storia di Firenze attraverso i suoi angoli, Firenze, Cantini, 1984, pp. 86-87, 90-91.
  • Francesco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2003.

Voci correlate

  • Vie di Firenze

Altri progetti

  • Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su borgo Pinti

Collegamenti esterni

  • Claudio Paolini, schede nel Repertorio delle architetture civili di Firenze di Palazzo Spinelli (testi concessi in GFDL).

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